Che cosa sono le polveri esplosive e in quali settori possono trovarsi? In questo articolo vedremo nel dettaglio di cosa si tratta, perché rappresentano un rischio negli ambienti di lavoro e quali conseguenze può avere la loro presenza.
Cosa intendiamo per polveri esplosive? Potenzialmente tutte le polveri combustibili derivanti da materiali metallici ossidabili (alluminio, ferro, zinco, magnesio), sostanze organiche naturali (grano e cereali, legno, zucchero) o sintetiche (plastica, pesticidi, pigmenti organici), ma anche torba e carbone. Queste sono infatti soggette a potenziale esplosione che può essere di differente entità in funzione delle caratteristiche chimico-fisiche della polvere stessa, nonché dalle peculiarità dell’ambiente nel quale avviene la deflagrazione.
Le polveri esplosive vengono classificate in base a una serie di parametri, ovvero:
- Kst e Pmax (massima pressione d’esplosione di una polvere misurata in Bar): questo dato consente di valutare il rischio di esplosione polveri associato a un impianto o processo, in questo modo viene identificato il livello di distruttività della stessa in caso di deflagrazione. La classificazione va dal livello più basso St 0 al più elevato St 3
- LEL e UEL (Lower Explosion Power e Upper Explosion Limit): indicato i limiti di esplodibilità e rispettivamente indicano la concentrazione in aria della sostanza infiammabile al di sotto e al di sopra della quale l’atmosfera non esplode
- MIE (Minimum Ignition Energy): indica la minima energia di accensione, ovvero l’energia che in condizioni di prova specifiche, è in grado di innescare la polvere e generare la deflagrazione
- MIT (Minimum Ignition Temperature): ovvero temperatura minima di accensione della nube. Le polveri presentano due temperature di accensione, una relativa alla nube e l’altra inerente all’accensione dello strato di polvere.
In quali settori troviamo le polveri esplosive?
Perché si verifichi la deflagrazione delle polveri esplosive devono essere presenti contemporaneamente alcune condizioni specifiche. Questi cinque fattori, noti come pentagono dell’esplosione, sono:
- Comburente, solitamente l’ossigeno contenuto nell’aria
- Fonte di innesco
- Ambiente confinato
- Polvere con natura combustibile
- Particelle in sospensione.
La presenza di questi elementi permette di classificare aziende e settori a rischio di deflagrazione, identificando i cosiddetti ambienti ATEX. Tra i principali comparti considerati a rischio rientrano:
- Industria chimica
- Discariche e ingegneria edile
- Produzione di energia
- Smaltimento
- Fornitura di gas
- Industria del legno
- Verniciatura
- Agricoltura
- Aziende metallurgiche
- Industria alimentare e mangimistica.
La gestione del rischio da polveri esplosive non è solo una buona prassi di sicurezza, ma anche un obbligo normativo. Le Direttive ATEX 2014/34/UE e 99/92/CE definiscono infatti i criteri per la protezione degli impianti e dei lavoratori, stabilendo regole precise per la classificazione delle aree e l’adozione di sistemi di protezione adeguati.
In queste attività è fondamentale individuare le aree aziendali esposte al rischio e classificarle come zone ATEX, tema che approfondiremo nel prossimo articolo.
Vuoi saperne di più? Scarica l’infografica dedicata: “Le principali polveri esplosive e le loro applicazioni”.